La Psoriasi è contagiosa?

Il dubbio sulla contagiosità della psoriasi accompagna milioni di persone che convivono con tale condizione cutanea. Chiazze rosse, squame argentee e pelle desquamata generano spesso reazioni di diffidenza da parte di chi non conosce la malattia.
La risposta è netta e definitiva: la psoriasi non è assolutamente contagiosa. Stringere la mano, abbracciare, condividere oggetti personali o avere contatti ravvicinati con chi ne soffre non comporta alcun rischio di trasmissione.
Tale patologia deriva da un'alterazione del sistema immunitario e non da agenti infettivi esterni. Le manifestazioni visibili sulla pelle sono la conseguenza di processi infiammatori interni, non di batteri o virus trasmissibili.
Cos'è davvero la psoriasi e perché non si trasmette?
La psoriasi è una malattia infiammatoria cronica immuno-mediata che coinvolge principalmente la cute. A differenza delle infezioni cutanee trasmissibili, tale disturbo nasce da una disfunzione del sistema di difesa dell'organismo che accelera in modo anomalo il ciclo vitale delle cellule epidermiche.
In condizioni normali, i cheratinociti – le cellule che costituiscono lo strato più superficiale dell'epidermide – impiegano circa 28-30 giorni per completare il loro ciclo di maturazione. Nei soggetti affetti da psoriasi, tale processo si comprime in appena 3-4 giorni [1]. Le cellule si accumulano rapidamente sulla superficie cutanea formando le caratteristiche placche spesse, arrossate e ricoperte da squame biancastre o argentee.
L'origine del problema risiede nell'attivazione anomala di specifiche cellule immunitarie, in particolare i linfociti T. Queste cellule del sistema difensivo, che dovrebbero proteggerci da minacce esterne, si attivano erroneamente contro componenti dell'organismo stesso. Il processo innesca un evento infiammatorio mediato da citochine quali il TNF-alfa, l'interleuchina-17 e l'interleuchina-23. [2].
Questo meccanismo immunologico non prevede alcun agente patogeno trasmissibile. Le lesioni cutanee visibili derivano esclusivamente dalla risposta infiammatoria interna e dall'iperproliferazione cheratinocitaria, non dalla presenza di microorganismi contagiosi. Per tale ragione, il contatto fisico con le aree colpite non può in nessun caso provocare la trasmissione della malattia ad altre persone.
Le vere cause della psoriasi: genetica e fattori scatenanti
Se la psoriasi non si trasmette per contagio, quali sono le sue origini? La risposta chiama in causa una complessa interazione tra predisposizione genetica e fattori ambientali. La componente ereditaria ha un ruolo significativo: circa il 30-40% dei pazienti presenta familiari affetti dalla stessa patologia [3].
Studi di associazione sull'intero genoma hanno identificato numerosi loci di suscettibilità genetica. Il più importante è PSORS1, localizzato sul cromosoma 6p21, in particolare l'antigene HLA-C*06:02, che risulta fortemente associato allo sviluppo della malattia, specialmente nelle forme a esordio precoce. Altri geni coinvolti sono quelli che codificano per componenti della via IL-23/IL-17, centrale nella patogenesi della psoriasi [4].
La predisposizione genetica da sola non basta. Servono fattori scatenanti che attivino la risposta infiammatoria. Tra i principali trigger ambientali troviamo:
- Lo stress psicofisico emerge come uno dei fattori precipitanti più comuni. Eventi traumatici, periodi di forte tensione emotiva o situazioni particolarmente difficili possono innescare l'esordio della malattia o peggiorare significativamente i sintomi esistenti. Esistono rimedi naturali per la psoriasi che aiutano a gestire questi fattori scatenanti;
- I traumi cutanei possono provocare il cosiddetto fenomeno di Koebner: nuove lesioni psoriasiche compaiono proprio nelle zone della pelle che hanno subito graffi, ferite, scottature solari o interventi chirurgici. Tale reazione dimostra come il sistema immunitario iperattivo reagisca in modo anomalo anche a stimoli fisici normali;
- Le infezioni, specialmente quelle da streptococco beta-emolitico che causano faringotonsilliti, possono precedere l'insorgenza della psoriasi guttata, una forma caratterizzata da piccole lesioni a goccia.
- Alcuni farmaci sono noti per indurre o aggravare la psoriasi. Tra di essi, figurano i beta-bloccanti utilizzati per l'ipertensione, il litio impiegato nei disturbi dell'umore, i farmaci antimalarici, alcuni antinfiammatori non steroidei e gli inibitori del checkpoint immunitario usati in oncologia.
- Anche fattori legati allo stile di vita influenzano il decorso della malattia. Il fumo di sigaretta aumenta il rischio di sviluppare psoriasi. L'obesità è un altro fattore di rischio importante, con soggetti obesi che mostrano un rischio quasi doppio rispetto ai normopeso. L'alcol può peggiorare i sintomi e ridurre l'efficacia dei trattamenti.
Perché persiste il pregiudizio sulla contagiosità?
Nonostante l'evidenza scientifica, lo stigma sociale associato alla psoriasi rimane profondamente radicato. Le ragioni affondano le radici nella storia evolutiva dell'umanità.
Per millenni, la sopravvivenza delle comunità è dipesa dalla capacità di identificare ed evitare le malattie infettive. Molte epidemie storicamente devastanti, come vaiolo e morbillo, si manifestano con lesioni cutanee visibili.
Tale eredità evolutiva ha creato un'istintiva repulsione verso qualsiasi alterazione dell'aspetto della pelle, un meccanismo di difesa che ci porta a mantenere le distanze anche quando non esiste alcun rischio reale. L'aspetto delle placche psoriasiche, con la loro desquamazione abbondante e il rossore evidente, può evocare erroneamente l'idea di una condizione infettiva.
In alcune forme, ad esempio nella psoriasi guttata, le lesioni possono assomigliare superficialmente a quelle di infezioni cutanee. Il fatto che tale forma possa manifestarsi dopo un'infezione streptococcica contribuisce alla confusione. Tuttavia, occorre ricordare che l'infezione batterica è solo il fattore scatenante in individui predisposti, non la causa diretta della psoriasi.
Un altro elemento che alimenta il pregiudizio riguarda l'igiene personale. La presenza di squame bianche che si staccano dalla pelle e si depositano su vestiti o capelli viene talvolta associata erroneamente a scarsa cura personale. In realtà, le persone con psoriasi prestano generalmente grande attenzione all'igiene, utilizzando creme migliori per la psoriasi e prodotti delicati per non aggravare l'infiammazione cutanea.
I dati rivelano una realtà allarmante. Lo stigma varia anche in base alla localizzazione delle lesioni. Le placche sul dorso delle mani causano particolare diffidenza, legate alla paura immotivata di contagiarsi tramite una stretta di mano. Quando le lesioni interessano le zone genitali e le pieghe cutanee (come nella psoriasi inversa), l'impatto sulla vita intima diventa ancora più pesante. Molti partner temono erroneamente che si tratti di infezioni sessualmente trasmissibili, generando ansia e difficoltà nei rapporti di coppia.
Le ripercussioni psicologiche risultano profonde. La visibilità delle lesioni cutanee, soprattutto quando colpiscono viso, mani o altre aree esposte, genera imbarazzo costante. Molti pazienti sviluppano disturbi d'ansia e depressione. L'isolamento sociale diventa una strategia difensiva: si evitano piscine, palestre, spiagge, eventi pubblici. L'autostima crolla, le relazioni interpersonali si deteriorano.
Il problema tocca particolarmente adolescenti e giovani adulti. In tale fase della vita, l'immagine corporea assume un'importanza fondamentale per lo sviluppo dell'identità. Le lesioni psoriasiche possono diventare bersaglio di bullismo e discriminazione. Uno studio ha dimostrato che le malattie cutanee visibili rappresentano una delle principali cause di esclusione sociale tra i giovani.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità, riconoscendo la gravità del problema, ha classificato la psoriasi nel 2014 come una grave malattia non comunicabile (NCD), sottolineando l'urgenza di sensibilizzare l'opinione pubblica e combattere lo stigma associato.
Artrite psoriasica e manifestazioni sistemiche
La psoriasi non si limita alla pelle. Circa il 30% dei pazienti sviluppa nel tempo artrite psoriasica, una delle forme più gravi di psoriasi che colpisce articolazioni e tessuti circostanti. Nella maggioranza dei casi (85%), la manifestazione cutanea precede quella articolare, mentre nel 5-10% dei casi le due condizioni compaiono contemporaneamente o l'artrite può addirittura precedere la psoriasi [5].
L'artrite psoriasica si manifesta con dolore, gonfiore e rigidità articolare. Le sedi più colpite sono le articolazioni delle dita di mani e piedi, i polsi, le caviglie, le ginocchia e la colonna vertebrale. Caratteristiche distintive sono la dattilite (il cosiddetto "dito a salsicciotto", dove l'intero dito si gonfia uniformemente) e l'entesite (infiammazione dei punti dove tendini e legamenti si inseriscono nell'osso, particolarmente frequente al tallone e alla pianta del piede).
Se non trattata adeguatamente, l'artrite psoriasica può causare danni articolari permanenti con deformità e perdita di funzionalità. La diagnosi precoce diventa essenziale per preservare la qualità della vita e la capacità lavorativa. Ogni paziente con psoriasi dovrebbe prestare attenzione a sintomi articolari come rigidità mattutina, dolore che migliora con il movimento, gonfiore delle dita o dolore ai talloni.
Oltre all'artrite, la psoriasi si associa a numerose altre condizioni. Studi recenti hanno dimostrato che l'infiammazione cronica non rimane confinata alla pelle ma assume carattere sistemico, aumentando il rischio di:
- Malattie cardiovascolari: l'infiammazione sistemica accelera l'aterosclerosi, aumentando il rischio di infarto e ictus, specialmente nella psoriasi eritrodermica;
- Sindrome metabolica: obesità, diabete di tipo 2, ipertensione e dislipidemia si verificano con maggiore frequenza;
- Malattie infiammatorie intestinali: morbo di Crohn e colite ulcerosa condividono meccanismi patogenetici con la psoriasi;
- Altre malattie autoimmuni: tiroidite autoimmune, vitiligine, alopecia areata, lupus eritematoso sistemico e celiachia mostrano associazioni significative con la psoriasi [6].
Tale quadro multisistemico sottolinea come la psoriasi debba essere considerata una malattia complessa che richiede un approccio terapeutico integrato, non limitandosi al solo trattamento delle manifestazioni cutanee.
Trattamenti moderni e prospettive terapeutiche
La gestione della psoriasi ha conosciuto una rivoluzione negli ultimi decenni. L'approccio terapeutico viene personalizzato in base alla gravità della malattia, alla localizzazione delle lesioni, alle comorbidità e all'impatto sulla qualità di vita del paziente.
Per le forme lievi-moderate, le creme per la psoriasi costituiscono la prima linea di trattamento. I corticosteroidi applicati localmente riducono infiammazione e prurito. Gli analoghi della vitamina D (calcipotriolo, calcitriene) normalizzano la proliferazione cheratinocitaria. Gli inibitori della calcineurina (tacrolimus, pimecrolimus) si rivelano particolarmente utili per le aree sensibili come viso e pieghe cutanee.
La fototerapia sfrutta specifiche lunghezze d'onda della luce ultravioletta per ridurre la proliferazione cellulare e modulare la risposta immunitaria. La luce UVB a banda stretta (311 nm) rappresenta la forma più utilizzata e sicura. I trattamenti richiedono sedute regolari, generalmente 2-3 volte alla settimana per alcuni mesi.
Quando le forme risultano più estese o resistenti, entrano in gioco i farmaci sistemici tradizionali. Il metotrexato, immunosoppressore utilizzato da decenni, riduce la proliferazione cellulare e l'infiammazione. La ciclosporina agisce sopprimendo l'attività dei linfociti T. L'acitretina, un retinoide orale, normalizza la differenziazione cheratinocitaria.
La vera svolta è arrivata con i farmaci biologici, anticorpi monoclonali che colpiscono selettivamente molecole specifiche coinvolte nel processo infiammatorio. Gli anti-TNF-alfa (adalimumab, etanercept, infliximab) bloccano il fattore di necrosi tumorale, una citochina chiave nell'infiammazione. Gli inibitori dell'IL-17 (secukinumab, ixekizumab, brodalumab) e dell'IL-23 (guselkumab, risankizumab, tildrakizumab) hanno dimostrato efficacia ancora superiore, portando alla remissione completa in molti pazienti [7].
I JAK-inibitori, piccole molecole che interferiscono con specifiche vie di segnalazione intracellulare, rappresentano l'ultima frontiera terapeutica. Deucravacitinib, il primo inibitore selettivo di TYK2 approvato per la psoriasi, offre un'opzione orale efficace con un profilo di sicurezza favorevole.
Conclusione
La psoriasi non è contagiosa. Non esiste alcuna possibilità di trasmetterla attraverso il contatto fisico, la condivisione di oggetti o la vicinanza con chi ne soffre; l'assenza di agenti patogeni trasmissibili rende impossibile qualsiasi forma di contagio. Tale verità scientifica incontrovertibile deve diventare patrimonio comune della società.
Le manifestazioni cutanee derivano da un'alterazione del sistema immunitario che accelera la proliferazione cheratinocitaria e genera infiammazione cronica. Fattori genetici e ambientali interagiscono nell'innescare la malattia, mentre stress, traumi, infezioni e stili di vita scorretti possono peggiorarne il decorso.
I progressi terapeutici degli ultimi anni hanno rivoluzionato la gestione della psoriasi. Farmaci biologici e nuove molecole permettono di ottenere remissioni prolungate e di migliorare drasticamente la qualità della vita dei pazienti. Insieme ai trattamenti farmacologici, approcci integrati che includono gestione dello stress, alimentazione corretta e sostegno psicologico aumentano le probabilità di successo terapeutico.
Lo stigma sociale rimane una sfida importante. Educazione, sensibilizzazione e rappresentazione positiva delle persone con psoriasi devono procedere di pari passo con l'innovazione terapeutica. Creare una società più inclusiva e informata non solo migliora la vita di chi convive con tale condizione, ma arricchisce l'intera comunità con valori di comprensione, empatia e rispetto delle differenze.
Ogni gesto di accettazione, ogni parola di sostegno, ogni momento di vicinanza con chi vive la psoriasi contribuisce a costruire un mondo dove nessuno deve più temere il giudizio o l'esclusione a causa di una condizione dermatologica. La conoscenza scientifica offre gli strumenti, l'umanità deve fare il resto.
Studi di riferimento
- [1] Benhadou, F., et al. (2023); revisione completa pubblicata su International Journal of Molecular Sciences che descrive l'infiammazione nella psoriasi, evidenziando il ruolo del sistema immunitario, delle citochine TNF-α, IL-23 e IL-17, e l'accelerazione del ciclo cheratinocitario che passa da 28 giorni a 3-4 giorni;
- [2] Liu, J., et al. (2025); revisione pubblicata su Journal of Inflammation Research che analizza i meccanismi patogenetici della psoriasi, il ruolo dei linfociti Th17 e la produzione di citochine pro-infiammatorie come IL-17, IL-22 e TNF-α che stimolano la proliferazione dei cheratinociti;
- [3] Ayala-Fontánez, N., et al. (2016); articolo pubblicato su Psoriasis: Targets and Therapy che esamina le conoscenze attuali sulla psoriasi e le malattie autoimmuni associate, evidenziando come più del 40% dei pazienti con artrite psoriasica presenti una storia familiare di psoriasi o artrite psoriasica;
- [4] Armstrong, A. W., et al. (2025); Primer pubblicato su Nature Reviews Disease Primers che fornisce una panoramica completa dell'epidemiologia, fisiopatologia, diagnosi e gestione della psoriasi, con particolare attenzione alla predisposizione genetica HLA-C*06:02 e ai geni che codificano per componenti della via IL-23/IL-17;
- [5] Ritchlin, C. T., et al. (2017); articolo pubblicato sul New England Journal of Medicine che descrive l'artrite psoriasica come complicanza che colpisce circa il 20-30% dei pazienti con psoriasi, specificando che nell'85% dei casi la psoriasi precede l'artrite, nel 5-10% l'esordio è contemporaneo e nel 5-10% l'artrite precede la psoriasi;
- [6] Rodrigues, M. A., Torres, T. (2024); studio caso-controllo retrospettivo che ha analizzato 7.478 casi di psoriasi e 22.434 controlli abbinati utilizzando il database All of Us, dimostrando associazioni significative con tiroidite autoimmune, morbo di Crohn, lupus eritematoso sistemico, vitiligine e alopecia areata;
- [7] Khan, M. A., et al. (2024); revisione pubblicata su PeerJ che fornisce una panoramica completa degli avanzamenti nella comprensione e nel trattamento della psoriasi, descrivendo come i farmaci biologici che inibiscono specifiche citochine come TNF-α, IL-17 e IL-23 abbiano rivoluzionato il trattamento della psoriasi con tassi di remissione significativamente superiori rispetto alle terapie tradizionali.
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